Morte alla Strega

 

 

Era calata la notte. Le tenebre erano squarciate dai lampi insidiosi di un vicino temporale e l’atmosfera era impregnata di un odore dolciastro e stomachevole. Il silenzio era rotto dallo stridio di alcuni uccelli notturni in cerca di preda: un gufo volteggiò per diverse volte attorno al campanile, per poi andarsi a posare sulla cima. Ma un rintocco si riversò nell’aria, e poi un altro ancora, ripetutamente; il gufo si alzò in volo alla ricerca di un posto più tranquillo. Sorvolò un folto gruppo di persone il cui vociare andava facendosi sempre più intenso; erano per la maggior parte contadini armati di falci e picconi, alcuni dei quali urlavano come forsennati:

“Morte alla strega!”

Mentre le campane del villaggio continuavano a rompere il silenzio di quella notte insonne, una figura misteriosa si aggirava tra le case, avvolta da un ampio mantello nero. Il suo unico scopo era quello di cancellare tutte le tracce.

C’erano delle macchie di sangue che bagnavano alcune lenzuola appese ad asciugare e insozzavano i paletti di legno di un cancello. La persona misteriosa alzò le braccia verso il cielo pronunciando ad alta voce strane parole: un lampo illuminò la casa. Ogni macchia di sangue era scomparsa!

Velocemente si diresse in un’altra zona del paese, nei pressi di una collinetta disboscata dove c’era il cimitero. Ad un tratto lo strano essere sollevò il mantello cominciando a levitare: volteggiava nell’aria al di sopra di una catapecchia.

Un nuovo gigantesco lampo lacerò la volta celeste e tutti gli oggetti cominciarono a spostarsi, se ne creavano dal nulla di nuovi, sprizzando ovunque scintille, e altri ancora scomparvero.

Nel frattempo i contadini, che erano arrivati in fondo alla via, furono raggiunti dalla madre superiora, che aveva organizzato tutto; lei assunse il comando del funesto corteo che si diresse verso la casa di Helya Kinsley.

“Vieni fuori, brutta megera!”, tuonò la madre superiora.

Il vociare delle persone fece eco alla sua imprecazione. Senza perdere tempo i contadini fecero irruzione nel giardino, buttando tutto all’aria.

“Guardate! Questo è il vestito di Miss Ellie!”

“Questi i gioielli di Miss Laurie!”

Finalmente la porta dell’abitazione si aprì cigolando e ne uscì una vecchietta all’apparenza innocua.

“Chi siete?”, balbettò appena.

“Non fare la tonta, nonnetta, guarda quanta roba abbiamo trovato nel tuo giardino! Le hai sgozzate tu quelle povere figliuole, eh?”

“Ma… sono sempre stata chiusa in casa a lavorare a maglia!”

“Facci vedere i tuoi bei lavori.”, disse la madre superiora con arroganza.

“Sono…sono spariti!”, balbettò la vecchietta.

La gente cominciava a spazientirsi e brandiva in aria picconi e coltelli. La vecchietta era impaurita e tremava come una foglia. La gente le gridava insulti; la accusava di aver assassinato sei bellissime fanciulle delle quali era stata la nutrice. Prepotentemente un inno si alzò nell’aria:

“Morte alla strega!”

Volevano a tutti i costi bruciarla viva.

“Fermi!”, tuonò la madre superiora, “Dovremo farle un regolare processo!”

Ma la gente era come impazzita; nessuno sarebbe riuscito a fermarli: erano come indemoniati.

Le campane del villaggio contribuivano con i loro rintocchi a creare quell’atmosfera drammatica. La folla non riuscì a contenersi: la vecchia fu presa e trascinata via, lassù sulla collina dove tutto era stato già preparato; la legna era pronta per ardere!

La vecchia fu legata precipitosamente al palo con delle robuste corde; nessuno ascoltava le sue invocazioni e nessuno fu commosso da quella coppia di lagrime che scese lungo le sue guance rugose. Ci fu, invece, un grosso applauso quando le fiamme si alzarono prepotenti e alcune urla strazianti lacerarono l’aria. Mentre quella carne provata dal tempo bruciava senza scampo, un fumo denso e nero si sprigionò da quel rogo rendendo l’aria acre e pungente.

Da lontano la madre superiora osservava con interesse la scena. Poi si voltò e si alzò in volo, mentre l’eco della sua risata si spegneva lentamente.